Ciao e bentornata, o bentornato, su InkDrum.
Questo è un numero speciale.
È il momento di dire grazie.
Ma anche di parlare di un tema che ci riguarda tutte e tutti: la fuga.
Perché chi scrive, chi crea, chi vive davvero, prima o poi fugge. E chi legge lo sa.
Non sempre la fuga è vigliaccheria. A volte è il più grande atto di presenza.
Si fugge quando si è visti troppo, o - come abbiamo visto ieri nell’altra mia newsletter - troppo poco.
Si fugge quando si ama, perché quella cosa lì può non essere giusta, o può fare troppo male.
Si fugge quando si vuole restare, ma il corpo ha già preso un'altra strada.
E soprattutto: si fugge perché restare fermi fa più male.
Lupin III – La fuga come stile
Lupin non scappa per paura. Scappa perché è il suo modo di esserci.
Ogni fuga è una firma, un’esibizione.
Lupin è dentro un mondo che lo rincorre, ma che in fondo non sa mai prenderlo davvero, perché lui è fatto di desiderio, guizzo, e quella malinconia tutta francese che solo i giapponesi sanno cogliere.
La sua fuga è coreografia e malinconia insieme, e che sia, come nella sigla iniziale che qualcuno ricorderà. (Parlo di Planet-O, non di quella meravigliosa di Castellina Pasi).
E quando ci saluta con una smorfia da una mongolfiera che si allontana, noi sappiamo che ci ha ringraziati.
Non lo dice, ma lo fa.
Fleabag – La fuga dallo sguardo (e verso lo sguardo)
Fleabag guarda in macchina. Guarda noi.
Rompe la quarta parete, certo.
Ma più che romperla, la usa per scappare.
Ogni volta che il mondo la tocca troppo da vicino, lei si volta verso di noi. Ci guarda perché la quarta parete è nostra, ed è dove quella che io chiamo la figura guidata, ossia: ciò che c’è di più sacro in lei, può scappare.
Fa una battuta.
Fa un gesto.
E scappa.
Poi arriva il prete. E accade qualcosa di raro.
Lui la vede guardare in macchina.
E glielo dice.
E lei smette.
Per un attimo, non fugge più.
Poi deve fuggire davvero.
E ci lascia lì.
Ma ci ha detto grazie. Anche senza dirlo.
Antonio Farina in Mediterraneo – La fuga come rifiuto del mondo
Antonio Farina fugge due volte.
La prima volta, dalla guerra.
Scappa verso un’isola sconosciuta.
Una fuga goffa, tenera, disperata; lui osserva, sa leggere ma non il greco, ha gli occhi larghi che gli presta Cederna per osservare il mondo prima ancora di capirlo. È poeta ma ancora non lo sa. Non ha piani; ha bisogno di aria - cosa che rende poeti i poeti, e pugili i pugili.
Poi la guerra finisce, gli altri tornano - chi alle proprie montagne, chi alla propria moglie, chi alla voglia di una nuova guerra, chi ai libri di testo.
Ma Farina resta.
Farina fugge di nuovo, ma stavolta restando.
Perché il ritorno sarebbe una resa.
Perché ha trovato qualcosa di simile alla pace in una prostituta che gli diventa moglie, un’osteria che gli diventa casa.
E sa che se torna, la perde.
Nessuno lo giudica.
Lo guardano da lontano.
E in quel momento capiamo le parole a esergo del film (In tempi come questi, la fuga è l'unico mezzo per mantenersi vivi e continuare a sognare); e che a volte il vero grazie è smettere di combattere una guerra non tua.
E noi? Dove fuggiamo?
Ma prima, un angolo di pubblicità per un’iniziativa sensazionale, sulle tracce di Joyce, Yeats, Beckett…
✈️ Una fuga vera: Dublino, luglio 2025✈️
A luglio 2025 partiranno due settimane di residenza di scrittura a Dublino, guidate da me, in collaborazione con Penelope Story Lab.
Date disponibili:
14–20 luglio
21–27 luglio
(Si partecipa a una sola settimana)
La quota include:
– Corso intensivo di scrittura
– Soggiorno in camera singola
– Volo andata e ritorno
Costo:
Circa 1000 euro per chi:
– è abbonato annuale a InkDrum entro il 15/05; oppure
– ha partecipato a un corso Penelope negli ultimi due anni; oppure
– ha seguito un corso individuale con me
Per tutti gli altri, il costo è di circa 1250 euro.
È possibile:
– pagare in 4 rate a tasso zero
– richiedere un finanziamento fino a 32 rate (con tasso applicato)
Se vieni con qualcuno, possiamo riservare la stessa sistemazione anche per chi ti accompagna.
Per informazioni o per iscriverti, rispondi direttamente a questa newsletter.
Dicevamo: e noi dove fuggiamo?
InkDrum è nato anche per questo.
Per fuggire dalla retorica della scrittura “di successo”; ma anche per smettere di dire “Scrivo senza ambizioni di pubblicare”, perché sarebbe come dire “Recito da dieci anni senza ambizioni di un palco”.
Per scappare dalla voce che ci dice “non hai niente da dire”.
Per mettersi in salvo, insieme, in un luogo fatto di inchiostro, ritmo, carni e pelli tese, e verità temporanee.
E oggi, mentre prepariamo nuove parole, nuovi esercizi, nuove fughe...
ti diciamo grazie.
Grazie se sei restata, se sei restato.
Grazie se sei arrivata, o arrivato, adesso.
Grazie se ogni tanto fuggi, ma poi torni.
Grazie se mi leggi anche quando vorresti voltarti da un’altra parte.
Esercizio di oggi – Scrivere una fuga
Scrivi una scena breve (max 250 parole) in cui:
qualcuno fugge, ma non dice perché
qualcun altro resta, e capisce
Non spiegare la fuga. Non dare ragioni.
Fai in modo che il lettore la senta giusta, anche se è ingiusta.
Fai in modo che il lettore sappia che quella persona, fuggendo, ha ringraziato.
Se vuoi condividere il tuo esercizio, usa #InkDrum.
Oppure no. Puoi anche solo scriverlo, e poi lasciare che se ne vada.
Alla prossima fuga,
Ivano
InkDrum – Ogni parola ha il suo ritmo.